La degradazione del suolo è un processo
degenerativo e irreversibile, spesso causato
dall'uomo o dalle sue attività, che
si risolve nella sua totale scomparsa o in
una perdita della sua fertilità sotto
l'aspetto fisico-meccanico, chimico e biologico.
A causa dei tempi lunghi richiesti dalla pedogenesi,
la degradazione del suolo rientra a tutti
gli effetti nel fenomeno più vasto
del degrado ambientale.
Il suo impatto, anche su piccole superfici,
è devastante in quanto conseguenze
dirette della degradazione del suolo sono
la desertificazione negli ambienti tropicali
e mediterranei e il dissesto idrogeologico
in ambienti a clima piovoso.
Occorrono migliaia di anni a trasformare
il detrito roccioso ammassato da un ghiacciaio,
le dune di un litorale, un deserto pietroso
in suolo fertile, cioè costituito da
un mantello soffice e permeabile dotato di
sostanza organica, di elementi chimici vitali,
popolato da lombrichi, protozoi e batteri,
mentre sono sufficienti pochi decenni di coltura
imprevidente, o le poche ore in cui un cantiere
stradale converte il suolo più fertile
in autostrada, a distruggere per sempre la
ricchezza naturale costituita dal terreno
fertile.
Il patrimonio di suoli arativi a disposizione
dell'umanità ha toccato il proprio
massimo storico, circa 1,5 miliardi di ettari,
negli ultimi decenni del Novecento, sottraendo
le ultime gradi aree alle foreste e alle savane.
Negli ultimi due decenni si può considerare
che quel patrimonio abbia iniziato a contrarsi,
a causa del dilagare di tre fenomeni, che
si registrano in paesi e condizioni diverse.
Erosione
Il primo fenomeno che porta alla degradazione
di un suolo è costituito dall'erosione,
opera del vento e delle piogge su tutti i
terreni, soprattutto in aree predesertiche
e su terreni scoscesi, dove la mancanza di
cibo costringa le popolazioni a coltivare
senza gli antichi riposi poliennali terreni
incapaci di sostenere la coltura annuale.
È il fenomeno che sui margini dei deserti
assume i caratteri dell’avanzata del
deserto, o desertificazione.
Secondo dati dell’Università
di Wageningen, una delle più importanti
università agrarie del mondo, commentati
da Gordon Conway, sul Pianeta sarebbero esposte
all’erosione, nelle due forme in cui
essa si manifesta, idraulica ed eolica, il
16 per cento delle terre coltivate dell'Australia,
il 25 per cento di quelle dell'Europa, il
26 per cento di quelle dell'America settentrionale,
il 38 per cento di quelle dell'Asia, il 45
dell'America meridionale, il 65 dell'Africa,
il 74 dell’America centrale. Secondo
stime citate dallo stesso Conway nei paesi
dallo sviluppo insufficiente avrebbero subito
i danni dell’erosione, nei decenni recenti,
non meno di 400 milioni di ettari di suoli
agrari, l'80 per cento della superficie agraria
totale dei paesi in cui gli stessi terreni
sono ubicati. Di quella superficie la coltivazione
diverrebbe impossibile, ogni anno, su 5-10
milioni di ettari.
Salinizzazione
Il secondo fenomeno che sta distruggendo il
patrimonio dei suoli agrari dell’umanità
è la salinizzazione. Negli ultimi decenni
i paesi più poveri e popolosi hanno
compiuto sforzi immensi per estendere l'irrigazione,
ma, tentando di irrigare con l'insufficiente
acqua disponibile, i sali ivi contenuti sistematicamente
si depositano in superficie, e raggiungono
lentamente la concentrazione che impedisce
la crescita di ogni vegetale, sterilizzando
i terreni.
Una possibile soluzione al problema della
salinizzazione indotta da cattiva irrigazione
è quella di fornire ogni volta quantitativi
di acqua largamente eccedenti le reali necessità
colturali, al fine di provocare un dilavamento
completo di tutti i sali ed impedire il loro
lento accumulo.
Casi particolarmente sfavorevoli sono quelli
in cui si hanno strati impermeabili (che possono
essere costituiti sia da orizzonti pedologici
induriti o ricchissimi in argilla, sia da
strati geologici) a debole profondità:
per quanta abbondante acqua di irrigazione
si utilizzi, data la presenza del suddetto
strato impermeabile essa non defluisce correttamente,
accumulandosi. L'ambiente arido ne provoca
in breve tempo la completa evaporazione, provocando
quindi l'accumulo dei sali contenuti.
Urbanizzazione
Il terzo fenomeno negativo per il patrimonio
dei suoli del Pianeta è la destinazione
agli usi urbani, un fenomeno che in tutti
i paesi civili interessa soprattutto i migliori
terreni nelle pianure, attorno alle grandi
città. Negli Stati Uniti ogni anni
scompare una superficie agraria doppia dell'immenso
spazio occupato da New York, Il Giappone ha
sacrificato, dall'inizio dello sviluppo economico,
metà dei suoli delle proprie risaie,
e dipende quasi completamente, per l'alimentazione,
dalle importazioni. L'Italia ha sacrificato,
dall'alba dello sviluppo economico, due milioni
di ettari, un terzo, cioè, di tutte
le proprie aree di pianura, e il processo,
anziché rallentare, in mancanza di
un'autentica programmazione dell'uso delle
risorse, è in continua accelerazione.
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