1 INTRODUZIONE
Estinzione In biologia, la scomparsa definitiva
di una specie; può essere dovuta a
una o più cause concomitanti, quali
l’incapacità di adattarsi alle
modificazioni ambientali, epidemie, drastiche
modificazioni climatiche, predazione eccessiva,
fattori antropici come la caccia, la distruzione
dell’ambiente naturale, l’introduzione
in un habitat di specie che entrano in competizione
con quelle autoctone. Il termine viene applicato
anche alla scomparsa di categorie tassonomiche
superiori, come famiglie o ordini.
Sebbene il termine in genere evochi eclatanti
episodi di estinzione di massa avvenuti in
ere geologiche passate, non va dimenticato
che la scomparsa di specie è un fenomeno
che si verifica continuamente, anche ai nostri
giorni. Oltre alla perdita del suo patrimonio
biologico e alla diminuzione della biodiversità,
la scomparsa di una specie comporta un’alterazione
della catena alimentare di cui essa costituisce
un “anello” e, quindi, ha ripercussioni
negative anche su altri organismi.
2 CAUSE DELL’ESTINZIONE
La maggior parte delle estinzioni avvenute
nel corso delle ere geologiche è stata
provocata da cambiamenti climatici e ambientali,
come le glaciazioni, o dalla comparsa di specie
nuove (speciazione), meglio adattate alle
condizioni ambientali di quelle preesistenti
e capaci di occuparne la nicchia ecologica;
le specie preesistenti, dunque, per effetto
della selezione naturale hanno dovuto soccombere
ed estinguersi.
I reperti fossili mostrano che la frequenza
delle estinzioni non è stata costante
nel tempo, ma è caratterizzata da alcuni
episodi di estinzioni di massa, alternati
a periodi di incremento della diversità
degli organismi. Le grandi estinzioni passate
di cui si abbia testimonianza sono cinque:
la prima fu quella dell’Ordoviciano,
avvenuta circa 440 milioni di anni fa ai danni
dei due terzi circa delle specie allora viventi.
Poi vi fu l’estinzione del Devoniano,
circa 360 milioni di anni fa (vi scomparve
il 60% circa delle specie); l’estinzione
del Permiano, circa 245 milioni di anni fa,
che fu la più catastrofica; quella
del tardo Triassico, 220 milioni di anni fa;
infine, l’estinzione del Cretaceo, circa
65 milioni di anni fa, nota per aver segnato
la scomparsa dei dinosauri.
2.1 L’estinzione del Permiano
Verso la fine del Permiano, circa 245 milioni
di anni fa, si verificò un primo e
notevole episodio di estinzione di massa,
per cause principalmente climatiche e geomorfologiche.
Gli imponenti movimenti delle terre emerse
e la formazione del supercontinente Pangea
provocarono l’innalzamento di catene
montuose (il cosiddetto “corrugamento
ercinico”) e una notevole riduzione
delle zone umide, a fronte di un progressivo
inaridimento del clima e della desertificazione
delle regioni centrali di Pangea. Queste variazioni
colpirono soprattutto gli anfibi e forme marine
come coralli, brachiopodi, briozoi, molluschi;
le trilobiti scomparvero per sempre. Si calcola
che si estinse circa l’85-90% delle
specie.
2.2 L’estinzione del Cretaceo: la scomparsa
dei dinosauri
Un altro periodo di rapide estinzioni, risalente
a circa 65 milioni di anni fa, è ricordato
soprattutto per la scomparsa dei dinosauri,
anche se oltre a essi si estinse anche un
terzo di tutte le specie di animali e di piante
del pianeta. L’estinzione richiese un
arco di tempo che può apparire estremamente
lungo, considerandolo secondo la scala dei
tempi umani; da un punto di vista geologico,
in realtà, avvenne in un periodo breve,
di qualche milione di anni, e portò
alla scomparsa dei rettili marini (ittiosauri,
mosasauri e plesiosauri) e volanti (pterosauri),
di moltissimi invertebrati, come le ammoniti
e le rudiste, e organismi del plancton.
Questa estinzione di massa viene generalmente
attribuita a un cambiamento climatico catastrofico,
provocato dalla caduta di un asteroide o di
una cometa sulla Terra. Una prova a sostegno
di tale ipotesi è il ritrovamento,
nella penisola messicana dello Yucatán,
di un cratere di 300 km di diametro, risalente
alla fine del Cretaceo, cioè approssimativamente
allo stesso periodo in cui avvenne l’estinzione.
L’opinione più accreditata è
che, come conseguenza della collisione, si
sollevarono enormi nubi di polvere o di acido
solforico che formarono una coltre densa nell’atmosfera;
impedendo il passaggio della luce solare,
resero impossibile lo svolgimento della fotosintesi
e provocarono un brusco raffreddamento globale
del pianeta. Dunque, gli organismi morirono
per l’impossibilità di nutrirsi
e di adattarsi alle mutate condizioni climatiche.
Un limite di questa teoria è che non
spiega perché si siano estinti tutti
i dinosauri, mentre altri organismi terrestri
sono riusciti a sopravvivere. Secondo un’altra
ipotesi, questa estinzione di massa sarebbe,
invece, avvenuta gradualmente in parallelo
con variazioni climatiche prodotte da modificazioni
del campo magnetico terrestre o da un’attività
vulcanica particolarmente intensa.
Il dibattito non è ancora concluso.
Nell’aprile del 2003 i ricercatori della
Princeton University (New Jersey) hanno dichiarato
di avere trovato microfossili che dimostrerebbero
una sopravvivenza del plancton, all’impatto
dell’asteroide, di almeno 300.000 anni.
I reperti erano presenti proprio nella zona
centrale del cratere dello Yucatán,
cioè laddove ogni forma di vita avrebbe
dovuto essere completamente estirpata. Il
team del New Jersey sostiene anche che il
cratere sia in realtà più piccolo
di quanto si riteneva, e che potrebbe essersi
verificata una serie di collisioni della Terra
con piccoli asteroidi. L’ipotesi è
stata vivacemente dibattuta nell’ambito
di una conferenza internazionale tenutasi
a Nizza nell’aprile 2003, in cui sono
stati esposti i risultati sui primi carotaggi
eseguiti nel “cuore” del cratere
nel febbraio 2002.
2.3 Estinzioni recenti
In tempi geologicamente recenti, numerosi
fenomeni di estinzioni si sono verificati
in isole oceaniche come le Hawaii, dove le
specie sono vissute per centinaia di anni
in assenza di nemici naturali. I predatori,
i competitori o le malattie introdotte dall’uomo,
provenienti dalle aree continentali, sono
responsabili di molte di queste estinzioni,
che spesso hanno colpito animali o piante
endemiche, cioè originarie di queste
aree.
3 AZIONE DELL’UOMO SULLA SCOMPARSA DELLE
SPECIE
Benché le specie siano minacciate o
si estinguano per molte ragioni diverse, la
causa principale delle estinzioni attuali
sembra essere la distruzione del loro habitat
operata dall’uomo. La bonifica delle
zone paludose, la conversione di zone arbustive
in pascoli, il disboscamento e la deforestazione
(specialmente ai climi tropicali), l’urbanizzazione
e la costruzione di dighe e autostrade hanno
ridotto drasticamente gli habitat disponibili.
Questi, di conseguenza, in seguito agli interventi
umani, si frammentano sempre più in
“isole”, costringendo le popolazioni
animali rimaste ad affollarsi in aree sempre
più piccole e povere di risorse.
La frammentazione degli habitat può
indebolire e ridurre numericamente una popolazione,
al punto che eventi casuali, come cattive
condizioni atmosferiche, possono provocarne
rapidamente l’estinzione. La frammentazione
degli habitat produce, inoltre, la separazione
degli individui appartenenti alla stessa specie
in varie popolazioni, che non hanno più
modo di incontrarsi e di incrociarsi sessualmente:
ciò si riflette in una riduzione della
variabilità genetica degli organismi
e, di conseguenza, in una minore adattabilità
ai cambiamenti ambientali. Quindi, più
una popolazione è piccola, maggiore
è il pericolo di estinzione.
L'estinzione è un fenomeno
naturale che si verifica nel corso dell'evoluzione
a causa dei meccanismi selettivi. A partire
dal XVII secolo, tuttavia, l'impatto delle
attività umane e un'eccessiva pressione
venatoria sono state le principali cause della
scomparsa di numerose specie vegetali e animali.
Fonte: enciclopedia Encarta
3.1 Sfruttamento commerciale
A partire dall’inizio del XVII secolo,
lo sfruttamento commerciale degli animali
per ottenerne cibo o altri prodotti ha portato
alla minaccia e all’estinzione di molte
specie: il massacro delle grandi balene per
l’olio e la carne ha, ad esempio, portato
questi animali al limite dell’estinzione;
il rinoceronte africano, cacciato per il suo
corno, è anch’esso in grave pericolo;
l’alca impenne si è estinta nel
XIX secolo a causa della caccia; il colombo
migratore all’inizio del XIX secolo
si riproduceva in colonie di molti milioni
di esemplari, nelle foreste decidue dell’America
settentrionale: in meno di cento anni, (nel
1894) la specie si era, tuttavia, estinta
a causa della caccia incontrollata, delle
trappole e del taglio delle foreste.
3.2 Introduzione accidentale di malattie
L’introduzione accidentale di malattie,
parassiti e predatori che accompagnano l’uomo
nei suoi spostamenti ha causato la scomparsa
di numerose specie animali e vegetali, prive
di difese nei confronti di queste aggressioni.
Anche il controllo dei predatori e i metodi
di lotta antiparassitaria hanno avuto effetti
negativi: l’eccessivo controllo sulle
popolazioni del cane della prateria ha, ad
esempio, quasi eliminato uno dei suoi predatori
naturali, il furetto piedineri.
3.3 Inquinamento
L’inquinamento è un’altra
importante causa di estinzione. Le sostanze
chimiche tossiche, soprattutto gli idrocarburi
clorurati come il DDT, si concentrano nelle
catene alimentari colpendo, in modo particolare,
gli anelli posti alle loro estremità.
Il DDT interferisce, ad esempio, con il metabolismo
del calcio negli uccelli, provocando la formazione
di uova con guscio sottile e di pulcini deformi.
L’inquinamento e l’aumento della
temperatura dell’acqua hanno eliminato
razze endemiche (cioè tipiche) di pesci
da molti habitat.
4 LIVELLI DI RISCHIO NELLE SPECIE IN ESTINZIONE
Per le diverse specie sono stati definiti
diversi livelli di rischio d’estinzione:
vi sono specie ad alto rischio, che non sono
in grado di sopravvivere senza l’intervento
diretto dell’uomo; specie minacciate,
che, benché ancora abbondanti, si stanno
progressivamente riducendo; specie rare, che
presentano un numero relativamente basso di
individui nel loro areale, ma non sono necessariamente
in immediato pericolo di estinzione.
5 INTERVENTI DI CONSERVAZIONE
Molte associazioni ambientaliste e alcune
istituzioni governative si impegnano da anni
per salvare le specie in pericolo di estinzione
e per proteggere la biodiversità del
pianeta. Un primo approccio consiste nel proteggere
le specie in questione mediante interventi
legislativi. Agli inizi del XX secolo negli
Stati Uniti sono state, ad esempio, emanate
leggi per proteggere le specie selvatiche
e le risorse naturali da un eccessivo sfruttamento
commerciale e venatorio. Nel 1973, sempre
negli Stati Uniti, è stato stilato
l’Endangered Species Act, che ha fornito
alcuni importanti strumenti per la conservazione
degli ecosistemi dai quali dipendono alcune
specie in estinzione e ha, inoltre, scoraggiato
lo sfruttamento di alcune specie selvatiche
anche in altri paesi, bandendo l’importazione
e il commercio di qualsiasi prodotto ottenuto
da esse.
5.1 La CITES
I tentativi a livello internazionale si riassumono
nella CITES (Convention on International Trade
in Endangered Species of Wild Fauna and Flora),
firmata nel 1973 dai rappresentanti di 80
paesi, numero poi salito a 167. Lo scopo della
Convenzione è di limitare lo sfruttamento
della fauna e della flora selvatiche, regolandone
e limitandone il commercio; il documento attualmente
annovera circa 33.000 specie, di cui 5000
animali e 28.000 vegetali. L’efficacia
di queste leggi nei vari paesi dipende, tuttavia,
da quanto esse vengono applicate e dalla consapevolezza
della popolazione. Quindi, nonostante la protezione
legale, il futuro di molte specie resta in
forse, a causa della mancata applicazione
delle leggi, del bracconaggio e del commercio
di animali in estinzione o di prodotti da
essi derivati.
5.2 La salvaguardia delle specie e degli
ambienti
L’impegno per salvare le specie in estinzione
comprende anche la riproduzione in cattività
di animali da liberare nel loro ambiente naturale,
sia per ricostruire una popolazione in grado
di riprodursi autonomamente (come nel caso
del falco pellegrino), sia per aumentare la
popolazione naturale (come nel caso della
gru americana). Un altro approccio consiste
nell’identificazione degli habitat precari
e nella loro protezione al fine di salvaguardare
le specie in estinzione; benché questi
habitat possano essere preservati costruendo
riserve, il loro valore può, comunque,
rimanere limitato per il fatto che non costituiscono
altro che un’“isola” in
un insieme di habitat, invece, devastati.
Inoltre, la protezione di queste zone naturali
è spesso ostacolata dagli interessi
economici che normalmente vi gravitano attorno.
Se non viene frenata, l’attuale distruzione
di molti tipi di habitat da parte delle attività
dell’uomo potrebbe essere un giorno
la causa di una moderna estinzione di massa.
Le liste delle specie in estinzione stanno
allungandosi rapidamente in gran parte del
mondo; è prevedibile che la frequenza
delle estinzioni si intensifichi con l’aumentare
della popolazione umana.
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