L’ozonosfera è lo strato dell'atmosfera
terrestre compreso tra i 20 e i 50 km di quota,
caratterizzato da una concentrazione di ozono
relativamente alta, che può raggiungere
le 10 ppm (parti per milione). A queste quote,
l'ozono si forma naturalmente per effetto
dell'interazione delle molecole di ossigeno
presenti nell'atmosfera con le radiazioni
ultraviolette provenienti dal Sole. La concentrazione
naturale di ozono rimane pressoché
costante grazie all’equilibrio tra il
processo di produzione e quello di distruzione
operato da alcuni composti dell'azoto, anch’essi
presenti in atmosfera. L’assorbimento
della radiazione ultravioletta nell’ozonosfera
produce un’inversione nell’andamento
della temperatura in funzione della quota:
mentre nella troposfera la temperatura diminuisce
al crescere della quota, nell’ambito
dell’ozonosfera essa aumenta al crescere
della distanza dalla superficie terrestre.
La presenza di questo strato, denominato
anche ozonosfera, è di importanza critica
per lo sviluppo e il mantenimento delle forme
di vita alla superficie terrestre: l’ozono
è infatti in grado di intercettare
gran parte della radiazione ultravioletta
proveniente dal Sole. In mancanza di questo
filtro i raggi solari potrebbero danneggiare
seriamente gli organismi viventi.
A livello della stratosfera, lo strato di
ozono crea una sorta di schermo protettivo
che assorbe le dannose radiazioni ultraviolette
provenienti dal Sole, consentendo la vita
sulla Terra. Questo tipo di radiazioni, infatti,
altamente energetiche e penetranti, possono
alterare e danneggiare il DNA degli esseri
viventi. Nella troposfera, invece, la formazione
dell’ozono è correlata soprattutto
alle emissioni inquinanti degli autoveicoli
e delle industrie, che rilasciano nell’aria
anidride solforosa (SO2), ossidi di azoto
(NOx) e composti organici volatili. Questo
ozono ha un notevole potere ossidante e risulta
nocivo per la salute degli organismi, uomo
compreso.
Distribuzione dell'ozono sul
pianeta
L'ozonosfera è lo strato di atmosfera
terrestre in cui è massima la concentrazione
di ozono. Da questa immagine, un'elaborazione
di dati raccolti dalla NASA, risulta evidente
che la concentrazione di questo prezioso gas
non è costante intorno al pianeta,
ma varia a seconda della zona geografica.
In particolare, appare sensibilmente più
bassa in corrispondenza dell'Antartide, dove
infatti si situa l'ormai noto buco nell'ozono.
La scala sulla destra riporta i valori di
concentrazione del gas tracciante utilizzato
(fluoruro di idrogeno, HF): a concentrazioni
maggiori di HF corrispondono concentrazioni
minori di ozono.
Fonte: Corbis
Negli anni Settanta del Novecento alcuni
ricercatori rilevarono che il naturale assottigliamento
stagionale dello strato di ozono, che periodicamente
si osserva al di sopra del continente antartico
nei mesi di settembre e ottobre (la cosiddetta
“primavera australe”), stava assumendo
dimensioni allarmanti. Il fenomeno, chiamato
deplezione ma comunemente noto come “buco
nell'ozono”, avviene naturalmente e
ha un’origine ancora non chiara, e può
perdurare anche per parecchi mesi; tuttavia,
nel 1985, i rilevamenti compiuti dalla stazione
scientifica inglese Antarctica Survey evidenziarono
una diminuzione del 65% della concentrazione
dell'ozono, localizzata per il 95% negli strati
atmosferici compresi tra 13 e 22 km di distanza
dalla superficie del pianeta. L'estensione
e la durata di questa variazione stanno assumendo
dimensioni sempre più ampie, come hanno
confermato i rilevamenti eseguiti con palloni
aerostatici e satelliti meteorologici; la
concentrazione complessiva dell'ozono nell'ozonosfera
è in costante diminuzione e non solo
al di sopra del continente antartico, ma anche
in corrispondenza delle regioni artiche, come
si può vedere nel grafico seguente.
Fonte: Wikipedia
Negli anni Settanta fu dimostrato che alcune
sostanze chimiche ampiamente usate dall’industria
(perché ritenute inerti), come i clorofluorocarburi
(CFC), potevano causare la distruzione progressiva
dell’ozonosfera. Per ridurre l’entità
del problema, i paesi industrializzati hanno
sostituito i CFC in quasi tutte le loro applicazioni.
Gli studi sull’atmosfera non hanno ancora
raggiunto risultati definitivi riguardo alla
minaccia effettiva che le attività
umane rappresentano per lo strato di ozono,
e la discussione rimane aperta.
È certo, però, che i responsabili
dell’alterazione della molecola dell’ozono
sono i clorofluorocarburi o CFC (ampiamente
impiegati come propellenti nelle bombolette
spray, come fluidi refrigeranti nei frigoriferi
e come agenti schiumogeni) e un gruppo di
altre sostanze chiamate genericamente ODS
(Ozone-Depleting Substances). Tra queste vi
sono: gli HCFC (idroclorofluorocarburi); i
cosiddetti halons (composti estinguenti come
il bromoclorodifluorometano, bromotrifluorometano,
dibromotetrafluoroetano); il metilbromuro;
il tetracloruro di carbonio; il metilcloroformio.
Queste molecole complesse sono in grado di
raggiungere l'ozonosfera e di decomporre le
molecole di ozono. Sotto l'azione dei raggi
ultravioletti, infatti, le molecole dei CFC
si decompongono in atomi di cloro e in altri
derivati clorurati, che, a loro volta, reagiscono
con l'ozono e lo convertono in ossigeno biatomico,
liberando monossido di cloro che va a degradare
altre molecole di ozono. Gli ODS sono molto
stabili nella troposfera e si degradano solo
per effetto degli intensi UV della stratosfera.
Buco nell'ozono, 2006
Il continuo monitoraggio delle concentrazione
di ozono negli strati alti dell'atmosfera
terrestre, eseguito mediante satelliti, ha
rivelato, per l'anno 2006, un allarmante allargamento
del buco dell'ozono sulla regione antartica:
la sua estensione ha raggiunto 26 milioni
di chilometri quadrati. L'Antartide è
ben riconoscibile al centro dell'immagine;
in alto vi è la parte meridionale del
continente sudamericano. In corrispondenza
del Polo Sud, il vasto alone viola-blu indica
le parti dell'atmosfera in cui lo strato di
ozono si è maggiormente assottigliato;
i colori verde e giallo indicano concentrazioni
di ozono progressivamente maggiori e prossime
alle condizioni normali. La misurazione della
concentrazione di ozono si avvale di una particolare
unità di misura chiamata Dobson (DU).
Fonte: NASA/Corbis
La necessità di affrontare il fenomeno
considerandone tutti gli aspetti e le ripercussioni
su scala globale ha spinto i rappresentanti
delle comunità scientifica, politica
ed economica a confrontarsi in periodici incontri,
che hanno l’obiettivo di stabilire strategie
comuni di intervento. Il primo incontro riguardante
il buco nell’ozono fu la Conferenza
di Vienna, tenutasi nel 1985. Nel 1987 il
Protocollo di Montréal segnò
la messa al bando dei CFC; la persistenza
di questi composti in atmosfera, d’altra
parte, fa sì che eventuali effetti
positivi dei provvedimenti in favore dell’atmosfera
si manifestino dopo numerosi anni.
Per monitorare costantemente il fenomeno del
buco nell’ozono, nel 1991 la NASA lanciò
in orbita un satellite artificiale di 7 tonnellate
di peso (l'Upper Atmosphere Research Satellite,
satellite per la ricerca sull'alta atmosfera).
Da una quota di 600 km, il satellite continua
a inviare a terra dati sulle variazioni della
concentrazione di ozono ad altitudini differenti,
oltre ad altri dati che hanno consentito di
tracciare una mappa completa della composizione
chimica degli strati più alti dell'atmosfera.
La riduzione dello strato di ozono viene osservata
ogni anno nel periodo compreso tra settembre
e ottobre. Un preoccupante fenomeno è
stato registrato nel settembre 2002: il buco
antartico si è suddiviso in due parti,
assumendo una forma “a otto”,
ciascuna delle quali si è estesa allontanandosi
dalla zona occupata originariamente. L’anomalia
è stata osservata per la prima volta
da quando è iniziato il monitoraggio
della deplezione dell’ozono, e sembra
causata dalle intense perturbazioni dell’atmosfera
verificatesi nei mesi precedenti. Solo qualche
mese prima, le rilevazioni del CSIRO australiano
(Commonwealth Scientific and Industrial Research
Organisation) avevano indicato che il buco
si era ristretto, probabilmente a seguito
di un periodo prolungato di temperature atmosferiche
insolitamente elevate.
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