Gli scenari futuri per l'Europa ed il Mediterraneo
Le valutazioni degli scenari di cambiamento
climatico e di conseguenze dei cambiamenti
climatici in Europa ed in particolare nell’area
mediterranea non sono allo stato attuale delle
conoscenze, abbastanza dettagliate da renderle
sicuramente affidabili, essendo affette da
errori che dipendono sia dai modelli e dalle
metodologie utilizzate sia dagli scenari di
evoluzione dello sviluppo socio economico
e delle emissioni antropiche di gas di serra.
Tenendo conto delle incertezze, vengono di
seguito riportate le tendenze future più
probabili in relazione alla sensibilità
dei sistemi ambientali e socioeconomici europei
ed alle capacità di adattamento di
tali sistemi alle variazioni climatiche.
L'Europa ed in particolare l'area mediterranea
sia a causa della complessità del sistemi
ambientali, umani, sociali ed infrastrutturali,
sia a causa della peculiarità delle
caratteristiche degli ecosistemi naturali
e del patrimonio storico, artistico e culturale,
possiede già attualmente una vulnerabilità
accentuata verso gli eventi estremi non solo
di tipo meteorologico (alluvioni, inondazioni,
siccità, ecc), ma anche di tipo naturale
(terremoti, stabilità geologica ed
idrogeologica, ecc). I futuri cambiamenti
climatici prevedibili modificheranno tale
vulnerabilità e porteranno conseguenze
che, rispetto alla situazione attuale, in
alcuni casi si aggraveranno, in altri si attenueranno.
I problemi prioritari che dovranno affrontare
i Paesi dell’Europa meridionale, ed
in particolare i Paesi del Mediterraneo, sono
sintetizzabili nel modo seguente.
Gli eventi meteorologici ed idrogeologici
estremi ed in particolare la differenza fra
abbondanza e scarsità d'acqua fra nord
e sud Europa e, per l’Italia, fra nord
e sud Italia. Questo problema non è
semplicemente una questione di bilancio idrogeologico,
ma ha profonde implicazioni sull'agricoltura,
la produzione industriale, l'urbanizzazione,
il turismo, la salute e non ultimo il settore
assicurativo.
Per quanto riguarda il clima è previsto
un aumento generale delle temperature annuali,
più accentuato d'inverno e alle latitudini
boreali (+2,5°-4,5°).
Più incerte le previsioni sulle precipitazioni.
La maggior parte dei modelli matematici mostra
un aumento delle piogge come conseguenza di
un più alto contenuto di vapore acqueo
nell'atmosfera. Le precipitazioni invernali
nel Nord Europa potrebbero aumentare fino
al 20%, mentre quelle estive dovrebbero restare
invariate, o diminuire nelle regioni mediterranee
e nell'Europa centrale.
Lo spostamento verso nord di tutti i sistemi
ecologici ed ambientali naturali che potrebbe
portare a profonde modifiche, anche del paesaggio,
in tutta Europa con effetti positivi nel nord
Europa ed effetti negativi nel sud Europa
ed in Italia soprattutto nei settori dell'agricoltura,
del turismo e tempo libero, nel settore residenziale.
Per gli ecosistemi si prevede che la vegetazione
rispondi al cambiamento di clima in modo diretto
(la temperatura) e in modo indiretto ai suoi
effetti: umidità del suolo, incendi,
presenza di erbivori e parassiti.
Gli adattamenti evolutivi sono molto rari,
anche perché sono molto lunghi e i
cambiamenti molto veloci. Di fronte a un cambiamento
di clima, le piante si distribuiscono diversamente
anziché mutare caratteri. Un’ipotesi
è che le piante avanzino lentamente
verso Nord, affrontando problemi come le barriere
umane e naturali, la competizione con le specie
che già presidiano quel territorio,
l'adattamento alle nuove condizioni ambientali.
Ha invece un positivo effetto fertilizzante
l'aumento di anidride carbonica, che moltiplica
praticamente tutti i raccolti tranne il mais.
La condizione è che ci sia acqua a
sufficienza, ma le piante "imparano"
a usarla bene, ed è questo che spiega
perché stiano resistendo al caldo e
alla siccità del Sud Europa. Al Nord,
è probabile che ambienti naturali come
le abetaie della Norvegia resistano ancora
per secoli.
Le ripercussioni secondarie connesse con
le conseguenze dei cambiamenti climatici,
quali la perdita della biodiversità
e i rischi di desertificazione che interesserebbero
soprattutto il sud Europa e l’area mediterranea.
L'uomo dovrà intervenire per ridurre
l'impatto del clima e guidare l'adattamento
degli ecosistemi alla nuova realtà.
Per assecondare l'avanzata delle piante verso
Nord occorrerà creare dei “corridoi
migratori”, anche se sono difficili
da localizzare, data la densità della
popolazione. Si dovranno riforestare ampie
zone, magari le terre agricole abbandonate,
per creare nuovi habitat per le specie che
il caldo spinge a Nord. Per ridurre l'impatto
sulla zone umide, invece, occorre curare la
vegetazione delle rive e riportare i corsi
d'acqua al loro spazio originario. Se poi
si riducesse l'inquinamento e lo sfruttamento
dei terreni, le piante avrebbero meno stress
su quel fronte e potrebbero concentrare le
energie su quello climatico.
Le montagne, soprattutto le Alpi, riforniscono
d'acqua la maggior parte dei fiumi europei.
La portata di fiumi importanti come il Reno,
il Rodano e il Danubio (attraverso l'Inn)
dipende dall'accumulo invernale di neve e
dal suo scioglimento estivo e influenza la
vita nelle pianure di tutta Europa: industrie,
agricoltura, trasporti fluviali.
Come ha dimostrato l'alluvione del '97 in
Polonia, Germania e nella Repubblica Ceca,
i sistemi tradizionali di difesa sono inadeguati
e i cambiamenti nei regimi delle acque possono
avere effetti devastanti.
La linea delle nevi eterne sale di 150 metri
ogni grado in più.
Il fatto che nevichi più tardi e si
sciolga più presto sta cambiando il
regime dei fiumi, che sono in piena all'inizio
della primavera e in secca d'estate, quando
per giunta piove sempre meno.
Tutti i ghiacciai del mondo perderanno nei
prossimi cent'anni circa il 25% della loro
massa, ma le Alpi faranno peggio. Metà
dei ghiacciai originari si sono già
sciolti dal 1850 a oggi, e il 95% di quelli
rimasti si scioglierà entro il 2100.
Come conseguenze ci saranno significative
riduzioni nei corsi d'acqua e problemi di
stabilità dei costoni montuosi. La
criosfera è considerato l'habitat più
a rischio, perché non ci sono contromisure
all'impatto del caldo sul ghiaccio. L'acqua
sarà un bene che non si potrà
più sciupare.
Si ipotizza un innalzamento medio del livello
dei mari di 5 millimetri l’anno (2-9
millimetri sono gli estremi), che però
interagisce con altri elementi difficilmente
valutabili: i movimenti della crosta terrestre,
la circolazione oceanica, i venti, le tempeste,
i picchi di caldo.
In molte zone d'Europa la popolazione, l'attività
economica e la terra fertile sono concentrate
nelle zone costiere, il che renderà
drammatico l'aumento del livello del mare.
Infine ci saranno più malattie legate
ai colpi di caldo e meno malattie da raffreddamento.
Più malattie respiratorie (il caldo
e l'umido aumentano la concentrazione di tutte
le sostanze che infastidiscono le vie respiratorie)
e malattie infettive, per il proliferare nel
caldo e nell'umido di vettori come zanzare
e acari.
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