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LO SVILUPPO SOSTENIBILE

 

Lo sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo (che comprende lo sviluppo economico, delle città, delle comunità eccetera) che non compromette la possibilità delle future generazioni di perdurare nello sviluppo preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve naturali (che sono esauribili, mentre le risorse sono considerabili come inesauribili). L'obiettivo è di mantenere uno sviluppo economico compatibile con l'equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio ambientale.


Schema dello sviluppo sostenibile, alla confluenza di tre preoccupazioni. Fonte: Wikipedia

Lo sviluppo sostenibile è un modello di sviluppo in cui la crescita economica e sociale viene perseguita entro i limiti delle possibilità ecologiche del pianeta, senza compromettere l’integrità degli ecosistemi e la loro capacità di soddisfare i bisogni delle generazioni future.

Il concetto di sviluppo sostenibile si fonda sull’attuazione di un utilizzo e di una gestione razionali delle risorse, che soddisfino adeguatamente i bisogni fondamentali dell’umanità. Requisiti necessari dello sviluppo sostenibile sono: la conservazione dell’equilibrio generale e del valore del patrimonio naturale; una distribuzione e un uso delle risorse in modo equo fra tutti i paesi e le regioni; la prevenzione dell’esaurimento delle risorse naturali; il decremento della produzione di rifiuti (ottenuto anche tramite il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali); la razionalizzazione della produzione e del consumo dell’energia.

Nel 1972, con la Conferenza di Stoccolma, furono adottati a livello internazionale alcuni principi che sono alla base del concetto di sviluppo sostenibile. L’uomo viene riconosciuto soggetto responsabile per la protezione e il miglioramento dell’ambiente per le generazioni presenti e future; si afferma che le risorse naturali della Terra vanno salvaguardate attraverso una programmazione e una gestione appropriata e attenta, mentre deve essere mantenuta e migliorata la capacità della Terra di produrre risorse vitali rinnovabili.

Nel 1987 venne definito il concetto di sviluppo sostenibile come sviluppo in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Tale definizione si basava sulla considerazione che un ambiente degradato e depauperato nelle sue risorse non fosse in grado di garantire uno sviluppo durevole e socialmente accettabile. La protezione dell’ambiente non veniva più considerata un vincolo allo sviluppo, bensì una condizione necessaria per uno sviluppo duraturo.

Le conferenze di Rio e di Kyoto

Nel 1992 le Nazioni Unite organizzarono a Rio de Janeiro una conferenza mondiale su ambiente e sviluppo, alla quale parteciparono 178 governi e 120 capi di stato (vedi Conferenza di Rio). Scopo della conferenza era l’individuazione di strategie praticabili ed efficaci per riuscire a conciliare le esigenze dei paesi poveri e quelle dei paesi industrializzati. Nel corso della conferenza fu approvata una serie di convenzioni su alcuni specifici problemi ambientali (clima, biodiversità e tutela delle foreste), nonché la “Carta della Terra”, in cui venivano indicate alcune direttive su cui fondare nuove politiche economiche più equilibrate, e il documento finale (poi chiamato “Agenda 21”), quale riferimento globale per lo sviluppo sostenibile nel XXI secolo: è il documento internazionale di riferimento per capire quali iniziative è necessario intraprendere per uno sviluppo sostenibile.

Il successo della conferenza, tuttavia, fu compromesso dal rifiuto di alcuni governi di approvare le scadenze e gli obiettivi proposti dall’assemblea (ad esempio il contenimento delle emissioni di gas serra), di sottoscrivere alcune importanti convenzioni (ad esempio quella sulla biodiversità) e di giungere a un accordo per la stesura di un piano d’azione vincolante (ad esempio, per la tutela del patrimonio forestale mondiale). La conferenza di Rio è tuttavia servita a sensibilizzare la società civile e le autorità politiche nei confronti dei problemi dell’ambiente.

Dopo cinque anni dalla conferenza di Rio de Janeiro, la comunità internazionale è tornata a discutere dei problemi ambientali, e in particolare di quello del riscaldamento globale, in occasione della conferenza di Kyoto, tenutasi in Giappone nel dicembre 1997. Mentre a Rio de Janeiro erano stati fissati soltanto criteri generali, a cui le singole nazioni si sarebbero potute ma non necessariamente dovute attenere, a Kyoto è stato stilato un Protocollo con obiettivi precisi e vincolanti, segno di una piena presa di coscienza della necessità di attuare un modello di sviluppo sostenibile.

Il protocollo impegna i paesi industrializzati e quelli a economia in transizione (i paesi dell’Est europeo) a ridurre complessivamente del 5% le principali emissioni di gas capaci di alterare l’effetto serra naturale del nostro pianeta nel periodo compreso fra il 2008 e il 2012.

Gli attuali modelli di consumo, nonostante gli incrementi di efficienza consentiti dalle nuove tecnologie, sono in conflitto con le capacità dell’ecosistema terrestre di sopportare impatti ambientali e prelievi indiscriminati delle risorse disponibili. L’obiettivo dell’efficienza è condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo sostenibile. Questo mutamento può essere realizzato introducendo strumenti economici (ad esempio le tasse ambientali), informativi (etichetta ecologica) ed educativi (educazione ambientale nelle scuole).

Il summit di Johannesburg

L’urgenza di definire strategie globali sui temi più critici per il futuro del pianeta – acqua, energia, salute, sviluppo agricolo, biodiversità e gestione dell’ambiente – ha motivato l’organizzazione di quello che è stato finora il più grande summit internazionale sullo sviluppo sostenibile, tenutosi a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre 2002.

Alla conclusione dei lavori, però, assai contrastanti sono stati i pareri delle diverse parti rispetto al successo dell’incontro e, ciò che è più importante, rispetto alla reale efficacia della linea decisionale tracciata nel documento finale. Le principali associazioni ambientaliste e le organizzazioni non governative, alcune delle quali hanno protestato ritirandosi dal vertice prima della sua conclusione, si sono infatti dichiarate deluse dei risultati ottenuti. La contestazione riguarda soprattutto il fatto che gran parte degli obiettivi prefissati non sembrano accompagnati da un preciso calendario di attuazione e da una ferma volontà politica, in particolare riguardo agli obiettivi del Protocollo di Kyoto.

Tra gli impegni principali stabiliti dal Piano di azione finale vi è quello di dimezzare entro il 2015 il numero degli individui che nel mondo non hanno accesso alla risorsa “acqua”.

Inoltre, sono state promosse iniziative per stimolare la ricerca e l’applicazione delle energie rinnovabili.

Importante è stata la battaglia civile che ha permesso di arrivare a un compromesso sul diritto delle donne di tutto il mondo a politiche sanitarie di base; diversi paesi musulmani e il Vaticano hanno accolto il testo finale proposto da Canada e dalla UE che norma il legame imprescindibile tra diritti umani, libertà e assistenza sanitaria di base.

 

 
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