Bjorn Lomborg, noto a molti come l'ambientalista
scettico e indicato dalla rivista Times come
una tra le 100 persone più influenti
ha criticato le previsioni di cambiamenti
climatici e le conseguenze nel suo libro "L'ambientalista
scettico – Lo stato reale del Pianeta".
Organizzazioni non governative di cui era
precedentemente stato membro attivo l'hanno
aspramente criticato in più di un'occasione.
In questa pagina sono riportate le sue argomentazioni.
In generale
Lomborg afferma che gli scenari che sono stati
presentati al pubblico sono distorti e non
veritieri perché fatti di modellazioni
al computer e assunzioni non realistiche su
tecnologie e scelte politiche future.
Egli non è in disaccordo con il meccanismo
che genera l'effetto serra e conferma il fatto
che l'uomo ha influenzato e aumentato l'effetto
serra. Ammette che i secoli precedenti al
XX erano più freddi, ma sostiene che
la causa andrebbe ricercata nella fine di
una piccola era glaciale, avvenuta tra in
1400 e il 1900. Questa supposizione sarebbe
confermata dalle temperature del Medioevo,
che erano di 2-3 gradi maggiori.
Gli indicatori approssimativi
Per determinare la temperatura dei secoli
precedenti all'invenzione del termometro,
Mann ha inventato una tecnica che si basa
sull'analisi dei cerchi del tronco degli alberi.
I dati della ricerca effettuata da Mann furono
utilizzati nelle relazioni dell'IPCC del 2001.
Lombrog critica tale tecnica in quanto sostiene
che furono usati solo alberi del Nord America,
senza una campionatura spaziale efficace e
rappresentativa. Il metodo consente inoltre
solo di rilevare le temperature estive e non
tiene conto di perturbazioni sugli anelli
degli alberi che possono essere derivate da
numerosi fattori. Tali dati sono troppo approssimati
e mostrano variazioni di temperatura in un
periodo di 1000 anni, quando l'evidenza suggerisce
invece che è molto improbabile che
avvengano cambiamenti climatici in un periodo
inferiore ai 1500 anni.
I gas serra e il cambiamento termico
Riferendosi all'influenza dei gas serra sui
cambiamenti termici, Lomborg afferma che non
bisogna interrogarsi se i gas emessi al giorno
d'oggi avranno influenza sul clima futuro,
ma quale sarà l'entità del loro
effetto. Questa è una previsione molto
difficile da fare e i modelli, già
molto complessi, non tengono ancora conto
di numerosi fattori e processi, gli scenari
possono non basarsi sempre su assunzioni ragionevoli
e possono mancare di alcuni dati.
Per esempio è i le paricelle di zolfo
riflettono l'energia solare e questo può
opporsi all'impatto dei gas serra, riducendo
l'incremento termico. Ciò è
stato recentemente ammesso dall'IPCC ed incluso
nei loro modelli anche se si tratta di un
dato ancora di definizione molto incerta.
Altre particelle potrebbero comportarsi come
lo zolfo.
Inoltre, i dati climatici provenienti dall'NOAA
hanno rilevato un minore incremento termico
di quanto previsto dai modelli dell'IPCC.
Tali differenze potrebbero comportare una
minore evaporazione, che porta a una minore
presenza di vapore acqueo e a un minore riscaldamento
da CO2.
Un'altra grave incertezza deriva dalla presenza
di nuvole che potrebbero interferire con le
radiazioni del sole prevenendo un aumento
termico. In che misura e come tali nuvole
influenzano il clima è difficile da
prevedere e da inserire nei modelli, rappresentando
quindi una potenziale fonte di errore negli
scenari IPCC. Tale debolezza è ammessa
dagli stessi scienziati dell'IPCC.
Altre cause di variazione termica
Lomborg afferma anche che dovremmo chiederci
se la reale causa dell'incremento termico
è da ricercarsi solamente nell'effetto
dei gas serra: spesso ci si dimentica di un
altro importante fattore che consiste nelle
radiazioni solari. Se si tiene in considerazione
l'energia irradiata dal sole si potrebbe avere
una riduzione delle stime del riscaldamento
provocato dalla CO2. Un recente studio a dimostrato
che l'energia solare è aumentata nella
decade scorsa, facendo aumentare anche la
temperatura di 0.4°C e la stessa energia
ha provocato un incremento termico di circa
il 40% negli scorsi 30 anni. Meteorologi danesi
hanno indicato una precisa dipendenza della
temperatura sulla terra dalle radiazioni solari,
teoria che è però tutt'ora in
discussione. Questa teoria afferma che un
ciclo solare più lungo porta ad avere
una minore attività solare, il che
porta alla presenza di una maggiore radiazione
cosmica ed ad un aumento della formazione
di nuvole. Tali nuvole sono formate da ioni
che riflettono l'energia solare, il che previene
il riscaldamento della terra. Al contrario,
cicli solari brevi comporterebbero un maggiore
riscaldamento della superficie terrestre.
Tutto ciò spiegherebbe le variazioni
termiche avvenute tra il 1860 e il 1950. Gli
scienziati dell'IPCC affermano che questa
ipotesi è in grado di giustificare
fino al 57% delle variazioni termiche.
Gli scenari IPCC
Lomborg critica piuttosto aspramente gli scenari
elaborati dall'IPCC nel 1992: afferma che
le previsioni sulla crescita demografica sono
troppo alte, non è d'accordo sui dati
che prevedono una scomparsa del 82% delle
foreste tropicali entro in 2100 e emissioni
attese di CO2 duplicate in 109 anni, perché
una crescita ai tassi di incremento indicati
oggi significherebbe un raddoppio della CO2
non prima di 154 anni.
Le simulazioni al computer utilizzano un tasso
di aumento di CO2 dell'1%, ma secondo Lomborg
sarebbe più corretto utilizzare un
valore del 0,6%. Inoltre, rilevare altri gas
ed esprimerli come CO2 equivalenti è
un'atra fonte di errore, essi dovrebbero essere
invece considerati separatamente per evitare
sovra stime dei tassi di CO2. La stampa ripete
tali dati senza menzionare le sovrastime effettuate
e questo trova ad un fraintendimento di massa.
Tali dati sono effettivamente modificati negli
scenari IPCC del 1996, in cui le stime di
anidride solforosa sono diverse da quelle
fatte nel 1992.
Lomborg critica anche il fatto che lo scenario
IPPC sostenibile sembra funzionare molto meglio
di quello basato sulla ricchezza. Egli ci
esorta a riflettere se vale veramente la pena
passare allo scenario sostenibile comportando
una riduzione del reddito futuro dei nostri
figli del 50%. Egli considera i miglioramenti
energetici dello scenario sostenibile un po'
peculiari: l'alto impiego dell'energia nello
scenario basato sulla ricchezza potrebbe comportare
un aumento dei prezzi energetici, e quindi
non ci sarebbe molta differenza nei miglioramenti
energetici tra gli scenari. L'aumento dei
prezzi porta ad un passaggio a fonti di energia
rinnovabile, ma Lomborg si chiede se i prezzi
di tali fonti scenderanno mai a tal punto
da essere competitivi con i combustibili fossili.
Egli ci invita a riflettere se gli scenari
indicati dall'IPCC come sostenibili saranno
mai realmente convenienti, cosa che, dice,
non è mai menzionata dall'IPCC. Un
modello fatto dagli economisti indica che
il prezzo delle fonti di energia alternative
rinnovabili sta scendendo del 30% per decade
e di questo passo diventerà competitivo
nel 2040. Lo scenario che prevede un continuo
e incontrollato aumento dell'uso di combustibili
è a sua volta poco probabile.
Le conseguenze del riscaldamento globale
Gli effetti del riscaldamento globale previsti
dall'IPCC sono anche stati contestati da Lomborg:
Diminuzione del rendimento dei raccolti:
tale previsione è in disaccordo con
anche la più pessimistica previsione
del dipartimento di esperti dell'UK Met, che
sostiene che la produzione dei raccolti aumenterà
drammaticamente nei prossimi 50 anni. La maggior
parte delle piante crescono meglio se sottoposte
ad elevate concentrazioni di CO2 ed elevate
temperature grazie ad un migliore effetto
fertilizzante. Un riscaldamento globale potrebbe
marcare ulteriormente la differenza tra i
paesi in via di sviluppo ed i paesi sviluppati
perché questi ultimi sono in grado
di adattare più prontamente i propri
raccolti alle diverse condizioni ambientali,
ma è anche vero che prima che gli effetti
del riscaldamento globale si manifestino i
paesi in via di sviluppo potrebbero essere
molto più sviluppati e quindi in grado
di affrontare tali cambiamenti ambientali.
Le previsioni IPCC si basano sulle registrazioni
presenti e non tengono, inoltre, conto della
possibilità di sviluppo di varietà
di raccolti resistenti all'impatto del riscaldamento
globale.
Aumento del livello di mari e oceani: è
vero che il livello del mare è salito
di 10-25 cm durante in secolo scorso e che
continuerà a salire di altri 31-49
cm durante il prossimo secolo: 3/4 di tale
aumento è da attribuire all'espansione
di mari e oceani causata dall'incremento termico
e 1/4 allo scioglimento della calotta glaciale.
Secondo le previsioni IPCC l'aumento del livello
del mare sottoporrà da 70 a 200 milioni
di persone al pericolo di inondazioni nel
prossimo secolo. Secondo Lomborg la causa
di ciò non va ricercata solo nel riscaldamento
globale, ma anche nell'aumento della popolazione
mondiale. Esso sostiene inoltre che un mondo
più ricco potrà essere in grado
di affrontare meglio il problema inondazioni,
costruendo strutture di protezione a un minor
costo, e questo non viene considerato nei
modelli, che si basano sulle misure disponibili
con la tecnologia attuale.
Pressione sulle popolazioni e aumento delle
malattie infettive: si afferma spesso che
un aumento delle temperatura potrebbe provocare
forti problemi soprattutto per le popolazioni
povere, che vivono nei sobborghi delle grandi
città. Bisogna però considerare
che una popolazione più ricca sarà
in grado di avere sistemi di refrigerazione
e condizionamento e che un mondo più
caldo significa anche inverni meno rigidi
con una conseguente diminuzione delle morti
per in freddo che potrebbe bilanciare o superare
le morti per in caldo estivo. Si afferma che
un aumento della temperatura potrebbe provocare
la diffusione di malattie tropicali quali
la malaria, ma è anche vero che la
Malaria non si manifesta solo in climi caldi:
è stata un ampio fenomeno nel Circolo
Polare Artico durante la piccola era glaciale
del Medio Evo. Le zanzare portatrici potrebbero
ibernarsi rilasciando il batterio quando scongelate.
Anche se l'area globale di incidenza della
malaria potrebbe essere più estesa,
lo sviluppo e la ricchezza delle regioni potrebbero
affrontare tale problema grazie agli ultimi
e sempre maggiori progressi della medicina
moderna.
Incremento dei disastri legati al clima:
ci sono stati periodo duranti l'Olocene in
cui le temperature sono state 1 o 2 gradi
più alte ma non è avvenuto nessun
disastro ambientale. I modelli al computer
non danno alcun risultato plausibile quando
si tratta di condizioni meteorologiche estreme.
L'IPCC afferma che si sono previste condizioni
meteorologiche estreme solo a livello regionale,
ma anche tali modelli sono inconcludenti per
quanto concerne la loro dipendenza dalle variazioni
climatiche. Lomborg afferma che non c'è
alcuna evidenza che supporti la dipendenza
dei costi legati ai disastri ambientali al
cambiamento delle condizioni climatiche, in
quanto non si tiene conto del sempre maggior
numero di persone costrette a vivere in zone
costiere a rischio. Una ricerca del 1999 ha
dimostrato che la maggiore causa di catastrofi
negli anni novanta non furono condizioni meteorologiche
estreme ma cambiamenti sociali.
Non tutte le temperature sono cambiate, globalmente
le maggiori variazioni sono avvenute alle
temperature invernali e notturne, di modo
che solo in Australia e Nuova Zelanda si è
registrato un aumento delle temperature massime
estive. Questo potrebbe provocare un aumento
delle precipitazioni, del rendimento dei raccolti
e un mondo complessivamente più verde.
Secondo Lomborg è molto importante
tenere in considerazione tutti questi aspetti
prima di agire perché qualunque azione
si deciderà di intraprendere sarà
molto costosa e complessa. Tutte le misure
intraprese dovrebbero basarsi su dati accurati
e certi, cosa molto difficile attualmente
data l'inaffidabilità dei modelli.
Tutte queste considerazioni faranno continuare
a lungo il dibattito futuro sul riscaldamento
globale.
I costi di Kyoto
L'IPCC calcola i costi del riscaldamento globale
sommando tutti i costi che si avrebbero se
le concentrazioni di CO2 raddoppiassero istantaneamente
per poi stabilizzarsi. Lomborg afferma che
non è affatto probabile che ciò
avvenga, come non è molto probabile
che si abbia un incremento termico di 1,4-
5,8°C. L'IPCC secondo Lomborg non tiene
conto delle misure di adattamento ai cambiamenti
climatici che i paesi metteranno a punto e
non include tutti i settori, trascurando per
i trasporti e la questione dell'instabilità
politica. I costi considerati sono la somma
dei costi di adattamento e delle conseguenze
di non adattamento.
I costi in termini relativi non sono equamente
distribuiti secondo Lomborg, perché
i costi nei paesi in via di sviluppo sono
gli stessi che nei paesi sviluppati. L'IPCC
stabilisce che i Paesi in via di Sviluppo
(PVS) saranno colpiti più aspramente
a causa della loro minore capacità
di adattamento, per questo non vengono imposti
su di essi alcuni limiti nelle emissioni di
CO2. Questo potrebbe però significare
il trasferimento di industrie a sfruttamento
intensivo del carbonio in tali paesi, continuando
ad emettere gas senza alcuna restrizione.
Quindi le decisioni di Kyoto non porteranno
nessun beneficio, a parere di Lomborg, se
non verranno inclusi anche i PVS, nonostante
essi sostengano che la maggior parte del problema
è causato dai paesi sviluppati da cui
anzi sono danneggiati. Secondo Lomborg sarebbe
opportuno includere anche i PVS dandogli dei
permessi per le emissioni che essi potrebbero
vendere ai paesi sviluppati, some avviene
attualmente per i Paesi già coinvolti
nel trattato di Kyoto. Questo renderebbe comunque
ancora più difficile l'iniziale distribuzione
dei diritti per la non netta differenza tre
paesi sviluppati e PVS e per l'eventuale futura
rottura degli accordi da parte di paesi con
governi non stabili. Lomborg si chiede però
anche se includere tali paesi nel trattato
di Kyoto sia la soluzione migliore per noi
e per loro o non lo sia piuttosto investire
in tali paesi, per esempio per nuove fonti
di energia rinnovabile.
I costi di Kyoto vengono divisi più
equamente nei vari paesi del mondo grazie
al mercato dei permessi per le emissioni:
questo in pratica significa che le riduzioni
vengono realizzate nei paesi in cui comportano
un costo minore. Ciò è possibile
perché si ritiene che le emissioni
si espandano rapidamente a livello mondiale,
quindi non fa alcuna differenza quale paese
le provochi. L'EU vorrebbe che i propri paesi
commerciassero tra di loro, mentre l'US sostiene
un libero mercato dei permessi. Quest'ultimo
metodo comporta sicuramente i costi minori.
Il trattato di Kyoto consentirebbe una riduzione
del fenomeno dell'innalzamento del livello
del mare, ma secondo Lomborg l'effetto sarebbe
soltanto un posticipo del fenomeno di circa
sei anni, dal 2094 al 2100. In effetti gli
scienziati ammettono che i tagli alle emissioni
dovrebbero essere ben più alte di quelle
stabilite dal trattato di Kyoto per avere
effetto sul riscaldamento globale.
Lomborg sostiene infine che una riduzione
delle emissioni di CO2 del 5,2% è molto
alta perché basata sui dati del 1992.
Ciò significa anche che le riduzioni
necessarie aumenteranno con il tempo ed è
probabile che raggiungano il 50% nel 2050,
implicando costi sempre più alti: i
costi per i tagli delle emissioni nel 2050
potrebbero essere pari ai costi del riscaldamento
globale nel 2100 e comunque il problema non
sarebbe risolto, ma solo posposto. Questo
significherebbe che i paesi dovrebbero pagare
il doppio per il fenomeno dell'aumento della
temperatura globale del nostro pianeta.
Azione o non azione
Per concludere, Lomborg evidenzia che dobbiamo
considerare attentamente se e come agire:
se riduciamo le emissioni di CO2 di più
dell'11% o smettiamo totalmente di usare i
combustibili fossili, andremo in contro ad
alte perdite economiche. Sembra che il modo
migliore di agire sia ridurre leggermente
le emissioni di CO2 e contemporaneamente investire
in nuove fonti energetiche pulite, come ad
esempio l'energia solare.
Lomborg si chiede come mai le relazioni ambientali
non tengano mai conto dell'aspetto economico:
se i costi derivanti dai tagli nelle emissioni
superano i costi derivanti dall'effetto del
riscaldamento globale, vale veramente la pena
di intervenire? Lomborg ammette che siamo
in grado di sostenere i costi della riduzione,
ma si chiede se vale la pena di agire magari
solo per posticipare il riscaldamento globale
solo in un paio d'anni.
Fonte: Lomborg, B., The
Skeptical Environmentalist - Measuring the
Real State of the World. (L'ambientalista
scettico – Lo stato reale del Pianeta)
Cambridge University Press 1998, United Kingdom,
H24: Global Warming (258-324)
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